È bello pensare che esistano per davvero i supereroi, invariabili nel vestire e nell’acconciarsi, sempre con la stessa età, loro che possono permettersi di non invecchiare mai. Ed è bello scoprire che qualcosa o meglio qualcuno di simile a quei protagonisti di carta si materializzi in carne ed ossa. Com’è accaduto martedì al Forum di Assago.
Già. Che lo si sia visto nel 1999, nel 2005, nel 2012 e, finalmente nel 2016, Robert Smith, il nostro supereroe del rock’n’roll, è sempre, straordinariamente, uguale. Perché oltre alla capigliatura e all’uniforme, cerone e zazzera nera sparata in aria (anche se gli anni sono ormai 58 anni all’anagrafe) non sono mutate nemmeno la voce, l’attitudine. E la generosità sul palco, come si è avuto modo di comprovare al Forum (replica mercoledì, ci sono ancora biglietti, in cassa ad Assago, a partire dal pomeriggio) quando si è presentato con i suoi Cure. Loro sì in formazione a volte cangiante, ma sempre comunque una garanzia. A partire dal sempiterno e tarantolato Simon Gallup al basso per finire con il compassato e ineccepibile Roger O’ Donnell alle tastiere.
Ma è ovviamente Robert a calamitare le attenzioni dell’eterogeneo pubblico presente ad Assago (un po’ di tutto ormai e non più sottoculturale, darkettoni e stop, come negli anni’80) nelle oltre tre ore di concerto. Dei recordman, alla maniera di uno Springsteen, i Cure, eppure mai noiosi, mai un momento di stanca. Perché la scaletta è composita (e cambia sempre peraltro) in modo da accontentare tutti, con tre corposi bis. E non ci sono diavolerie o stravolgimenti alle canzoni: così come erano, sono. Una scaletta che dunque si scatena e prende corpo su A Night Like This, emoziona con Lovesong o CharlotteSometimes, s’infiamma, ormai nei bis, con la corvina Burn e l’elegia della nostra gioventù, A Forest . E chiude in grande stile con il trittico aureo Boys Don’t Cry-Close to Me- Why Can’t I Be You.
Il tutto, impeccabile, a livello sonoro. E pure sul piano estetico, con visual semplici ed efficaci che non sovrastano ( o peggio, come accade in altri megashow, non si sostituiscono) alla musica. Un concerto che, per chi può, va visto sottopalco, nelle prime file. Ti sembra di salirci infatti, su quel palco, mentre Robert dipinge le sue traiettorie fantasiose. E non si avverte nessuna distanza, mentre il nostro fumetto procede instancabile. E, dunque, piacevolmente, immutabile. Già, qualche anno fa ci disse: «Credo sia il nostro ultimo tour», mentendo e sapendo di mentire. Perché i fumetti non vanno mai in pensione.